Niccolini, si rialza il sipario («La Nazione»)
Lo storico teatro è stato acquistato dall’editore Pagliai: riaprirà fra due anni
A VOLTE tornano. E questa volta l’annuncio ha un connotato assolutamente positivo.
Dopo molti anni, undici per la precisione dall’ultima riapertura, il più antico teatro di Firenze, lo storico Niccolini di via Ricasoli, definitivamente sbarrato dal novembre 1995, è passato di mano, e si prepara a riaprire i battenti «in una veste consueta, ma nuova, nel giro di due anni».
Lo annuncia il portavoce dell’imprenditore fiorentino Mauro Pagliai, l’editore (Polistampa) e organizzatore di eventi culturali, che lo ha acquistato da Angela Ghezzi, erede della storica famiglia e proprietaria del teatro.
«Una trattativa lampo, durata non più di due, tre mesi grazie a una vecchia e consolidata amicizia, nonchè a un’antica collaborazione lavorativa», riprende l’interlocutore di famiglia. Top secret, invece, la cifra pattuita per l’acquisto.
DI CERTO C’È l’intenzione dell’editore Pagliai di «trasformare il Niccolini, la sua attuale struttura, in un centro culturale polivalente dedicato alla cultura europea dove, accanto alla stagione teatrale, troveranno spazio mostre, convegni, una libreria e un caffè letterario».
«La cosa positiva – riprende il portavoce dell’editore – è il fatto che ci siano 7,8 sporti sulla strada, che consentiranno diverse soluzioni».
Già pronto anche lo studio di architetti che si occuperà del progetto: «Un team che sa fare bene il suo lavoro, e che opererà senza snaturare il luogo. Magico…».
Il Niccolini, di enorme interesse storico e architettonico, già Teatro del Cocomero, è infatti uno di primi esempi di teatro all’italiana, ancora dotato dell’originale struttura settecentesca in legno, con una capienza di 500 posti. Fu costruito nel 1652, ancor prima della Pergola, e inaugurato nel 1658. Fra i tanti, indimenticabili eventi, ha ospitato la stagione di prosa del teatro Stabile di Firenze, è stato la ‘casa’ di Paolo Poli, il palcoscenico su cui Carlo Cecchi ha realizzato gli spettacoli più applauditi e dove Carmelo Bene ha commosso il pubblico recitando Leopardi.
Poi l’agonia, denunciata anche da Angela Ghezzi, comproprietaria insieme a dei cugini milanesi del Teatro, amareggiata e delusa da Firenze e dalle sue istituzioni. Dopo anni di trattative e rimandi con la Regione prima e il Comune poi, nel 2000 decise di voltare pagina e cercare altrove gli acquirenti per il «suo» teatro, quello che il nonno Ettore acquistò nel 1934. Come aveva annunciato proprio attraverso queste colonne, Angela Ghezzi ha giocato la carta dei privati, scegliendo qualcuno in grado di valorizzare e rendere produttivo questo bene: un mecenatismo che ha dimestichezza con la cultura e l’immagine, tenendo conto del ritorno economico.
«Volevo che il Niccolini tornasse a essere un gioiello della città – il suo sfogo -, ma negli ultimi 20 anni niente si era concretizzato». I primi contatti con gli organi istituzionali per la cessione del Teatro risalgono infatti al dicembre del 1983. Da allora sono cambiati gli amministratori e gli interlocutori, e ogni volta veniva rinnovato e manifestato l’interesse all’acquisizione pubblica di questo bene culturale. Fino al sopralluogo effettuato nel dicembre 1999 dall’allora assessore alla Cultura Rosa Maria Di Giorgi, accompagnata da un imprenditore romano che sembrava interessato all’affare. Con un niente di fatto. Per disincagliare l’iter dell’acquisizione pubblica, la proprietà nel ’95 commissionò una stima dell’immobile dal professor Gabba, ordinario di estimo dell’Università di Milano: risultato, 6 miliardi e 250 milioni di vecchie lire, con progetto di ristrutturazione dotato di approvazione della competente Soprintendenza, forse ancora fermo in Comune agli uffici dell’Urbanistica.
«LA SITUAZIONE del teatro non è poi così drammatica da un punto di vista strutturale – conclude il portavoce di Mauro Pagliai, uomo di polso classe ’43 -. Entro il 2008 contiamo di concludere tutte le opere necessarie per la ristrutturazione e l’adeguamento dell’edificio. Che parte teatro e resterà teatro, ma si arricchirà di un caffè letterario e di una libreria.
Il nome? «Non più Niccolini, probabilmente torneremo all’antico, e così Firenze ritroverà l’antico Teatro del Cocomero».