L’avventura dello stampatore («Il Corriere di Firenze»)
Pagliai, da tipografo a promotore culturale. L’acquisto dello storico Niccolini l’ultima tappa del cammino
L’acquisto dello storico teatro Niccolini l’ultima tappa del cammino
C’era una volta un tipografo, formatosi alla scuola dell’Istituto Salesiano di Firenze, con tanta voglia di fare. A ventidue anni, aprì una tipografia tutta sua in via de’ Serragli a Firenze. Nacque così Polistampa.
Quel tipografo altri non era che Mauro Pagliai, nato il 6 luglio 1943 a Signa. Con anni e anni di lavoro intenso si fece apprezzare per la qualità del lavoro. Al punto che via de’ Serragli gli diventò stretta. Era il 1994 quando si trasferì nell’ex chiesa di Santa Chiara, in via Santa Maria, un tempo laboratorio dello scultore Pio Fedi. E Polistampa da tipografia diventa casa editrice, “luogo d’incontro per la città e vero cenacolo per gli intellettuali fiorentini”. L’elenco è lungo. Ci troviamo Alessandro Parronchi, Fosco Maraini, Luigi Baldacci, Giorgio Luti, Cosimo Ceccanti, Ennio Di Nolfo, Mario Luzi, Piero Bigongiari, Mario Graziano Parri, Marino Biondi, Carmelo Mezzasalma, E Annigoni, Faraoni, Botero, Statizzi, Moretti, Kan Yasuda.
Nascono le prime collane di epistolari di personaggi come Pratolini, Gadda, Pizzuto. L’etichetta Polistampa appare anche sulle copertine di riviste prestigiose: “Antologia Vieusseux”, “Caffè Michelangelo”, “Il Portolano”, “Ricerche storiche”, “Medicina e Storia”, “Il reo e il folle”. E su chicche della portata del calibro della riproduzione del “Libro del Chioso”, antichissimo, il diario manoscritto dell’Alfieri, gli “scritti giornalistici” di Giovanni Spadolini e l’edizione delle opere di Leon Battista Alberti e di Lorenzo Valla.
Nel 2002, Pagliai taglia il nastro del nuovo stabilimento di via Livorno, che tra pochi giorni sarà ampliato. All’inizio del 1998 diventa cavaliere al merito della Repubblica. E un anno dopo inizia una nuova attività, quella di promotore culturale. Organizza mostre importanti. Tra di esse spiccano le mostre dedicate ad Arnolfo di Cambio e a Pietro Perugino.
In tutte le attività lo affianca il figlio Antonio, che cura direttamente l’ufficio stampa. Padre e figlio hanno un unico scopo: “crescere nel difficile settore culturale”. Mentre la casa editrice inanella titoli su titoli. Oggi sono millesettecento.
A un certo punto comincia a circolare la voce, a Firenze, che Pagliai vuole creare un caffè letterario e un centro culturale internazionale. È un’idea bella. Di questi tempi, poi. Ma dove ha in mente di aprirli?
La risposta non tarda ad arrivare: in via Ricasoli, nel Teatro Niccolini, quello che veniva chiamato – un tempo – teatro del Cocomero. Una platea antica e prestigiosa. Il Niccolini apre i battenti il 28 febbraio 1658. Per realizzarlo, hanno restrutturato un piano di Palazzo Ughi, “sopra alle botteghe di calzolaio e legnaiolo”. L’idea nasce in un gruppo di aristocratici, che si dividono in due dopo aver fondato un’accademia. Una parte rimane in via del Cocomero e si chiamano Infuocati. Gli altri vanno in un vecchio tiratoio in via della Pergola. Curiosità. Lo spettacolo d’esordio per tutti e due, sia pure alla distanza di un anno l’uno dall’altro, è “Il podestà di Colognole”.
Una storia lunga e travagliata, quella del Niccolini, fino al 1995, quando il sipario si abbassa, provocando amarezza in tutta la città. Da qualche tempo esiste un progetto di restauro dell’architetto Andrè Benaim. Un progetto che consente “la realizzazione di attività e spazi che permettano al Niccolini di affrontare un’ulteriore sfida lanciata dal nuovo millennio e dalla necessità di essere competitivi e contemporanei, facendo vivere il teatro per tutto l’arco della giornata”.
L’entrata in campo di Pagliai è una di quelle notizie che ti fanno guardare il futuro con meno pessimismo. Anzi, ti fanno sognare.