C’è bisogno di quelle voci dai palcoscenici («La Nazione»)
Nondimeno la cultura gioisce, in particolare Firenze, con la sua nobile tradizione teatrale
Nel 1600 nasce il melodramma con la messa in scena di Euridice su libretto di Ottavio Rinuccini e musica di Jacopo Peri, per le nozze di Maria de’ Medici ed Enrico IV di Francia: nel solco della Camerata dei Bardi, operosa fucina animata da grandi artisti. A metà secolo si inaugurano nuovi teatri, dal Cocomero (poi Niccolini) alla Pergola. È soprattutto nell’Ottocento che gli ambienti teatrali fiorentini si moltiplicano ed oltre a rappresentare un luogo di spettacolo e di cultura divengono centro di formazione della coscienza nazionale. Si pensi al coinvolgimento patriottico delle opere di Giuseppe Verdi quali Nabucco e I lombardi alla prima crociata degli anni Quaranta; alle raccolte di fondi al Pagliano (oggi teatro Verdi) per l’acquisto di fucili per Garibaldi alla vigilia della spedizione dei Mille, nel 1860. A Firenze, negli anni della capitale, fra 1865 e 1871, erano aperti quindici teatri. Fra questi il Politeama Vittorio Emanuele (poi Comunale), l’Arena Nazionale, le Logge, il Principe Umberto in Piazza d’Azeglio. Si rappresentava un po’ di tutto, dalle tragedie alle commedie, dalle farse alle cosiddette “acrobazie”. Ogni teatro aveva il suo pubblico. La migliore società assisteva agli spettacoli della Pergola, mentre il popolo minuto, partecipe e numeroso, frequentava la Querconia, in via dei Cimatori. Un testimone di allora racconta che le persone anziane vi andavano con lo scaldino e le massaie con il tegame con lo stracotto. Dai primi del Novecento Augusto Novelli darà avvio alla grande tradizione del vernacolo. La riapertura dei teatri è un ritorno alla civiltà.